“Patti parasociali” possono definirsi soltanto quegli accordi mirati a stabilizzare gli assetti proprietari e/o la governance societaria

Cassazione Civile, Sez. I, 16 maggio 2024, n. 13561

La Corte di Cassazione, con sentenza del 16 maggio 2024 n°13561, si è soffermata in ordine alla qualificazione quale patto parasociale di una scrittura privata fra soci, avente ad oggetto accordi tra soci inerenti eventuali modificazioni della compagine sociale.

La Suprema Corte, in particolare, sostiene che “per patto parasociale si intende quell’accordo contrattuale che intercorre fra più soggetti (di norma due o più soci, ma anche tra soci e terzi), finalizzato a regolamentare il comportamento futuro che dovrà essere osservato durante la vita della società o, comunque, in occasione dell’esercizio di taluni diritti derivanti dalle partecipazioni detenute. Il patto parasociale trova, quindi, il proprio elemento qualificante nella distinzione rispetto al contratto di società e allo statuto della medesima, in quanto realizza una convenzione con cui i soci attuano un regolamento complementare a quello sancito nell’atto costitutivo e poi nello statuto della società, al fine di tutelare più proficuamente i propri interessi”.

L’art. 2341-bis c.c. li definisce come quei “patti, in qualunque forma stipulati, che al fine di stabilizzare gli assetti proprietari o il governo della società:

a) hanno per oggetto l’esercizio del diritto di voto nelle società per azioni o nelle società che le controllano;

b) pongono limiti al trasferimento delle relative azioni o delle partecipazioni in società che le controllano;

c) hanno per oggetto o per effetto l’esercizio anche congiunto di un’influenza dominante su tali società”.

Nella fattispecie in esame, la Suprema Corte ha escluso che l’accordo potesse essere qualificato come patto parasociale ai sensi dell’art. 2341-bis C.c., in quanto non rientrante nelle tipologie previste dalle lettere a), b) e c) della suddetta norma.

La pronuncia in oggetto chiarisce ulteriormente che “possono esistere patti parasociali che non si conformano al modello tipizzato dell’art. 2341-bis cod. civ. Tuttavia, per essere ritenuti patti parasociali, e dunque meritevoli di tutela giuridica analoga a quella riconosciuta espressamente ai patti indicati dall’art. 2341-bis cod. civ., occorre che il loro contenuto sia comunque finalizzato a regolare il comportamento che i soci intendono tenere all’interno della società nell’esercizio della funzione organica che essi svolgono per effetto della qualità rivestita

In altre parole, le obbligazioni contenute nel patto parasociale, cui certamente la società interessata è per definizione estranea, debbono tuttavia essere finalizzate a regolare il comportamento che i soci intendono vincolarsi a tenere nel momento in cui eserciteranno i poteri amministrativi loro spettanti all’interno dell’ente per effetto dell’esercizio della relativa qualità.

Tale condizione è assolutamente necessaria per poter qualificare la pattuizione come patto parasociale: necessaria, si può aggiungere per completezza, ma non sufficiente, poiché il contenuto dell’obbligo regolato dal patto, per esser parasociale, deve comunque essere riconducibile al perseguimento di quegli effetti di stabilizzazione della governance societaria cui si riferisce espressamente l’art. 2341-bis cod. civ., che ha tipizzato la “causa” dei patti stessi, enucleandone le finalità e, per conseguenza, anche definendo l’ambito della relativa meritevolezza dell’interesse perseguito ai sensi dell’art. 1322 cod. civ.

Pertanto, una pattuizione, come quella contenuta nella scrittura privata oggetto del giudizio – con cui il socio uscente convenga con quello rimanente che la cessione della quota a un terzo è condizionata all’assunzione della garanzia da parte del cedente del pagamento pro quota di un mutuo precedentemente contratto nell’interesse della società, non ha nulla a che vedere con l’assetto dell’ente, né con l’esercizio dei diritti futuri spettanti ai soci all’interno della società.

Oggetto della pattuizione è infatti la condizione di efficacia dell’uscita dalla società di uno dei soci stipulanti: il ché, logicamente, secondo la Corte, esclude che con essa si sia potuto e voluto regolare le modalità di esercizio congiunto da parte dei soci sottoscrittori dei loro poteri all’interno della società; ciò che impedisce, sempre secondo la Corte, in modo assoluto che una siffatta pattuizione possa integrare un patto parasociale.

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