Cassazione civile, Sez. I, Ordinanza n°4613/2023
Con Ordinanza n°4613/2023, la Cassazione ha affrontato un tema alquanto particolare, stabilendo un nuovo principio di diritto: più nello specifico, gli Ermellini si sono chiesti se è possibile omologare un accordo approvato ma pregiudizievole nei confronti del creditore ipotecario.
In particolare, la Cassazione si sofferma sul disposto dell’art. 7, comma 1, secondo periodo, della legge n. 3 del 2012, secondo cui, in materia di accordo di composizione delle crisi da sovraindebitamento, i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possono non essere soddisfatti integralmente, allorché ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali insiste la causa di prelazione, come attestato dagli organismi di composizione della crisi.
Con la suddetta Ordinanza, la Cassazione ha affermato che: “Al fine dell’accertamento del requisito di ammissibilità che al creditore ipotecario sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione, di cui all’art. 7, comma 1, secondo periodo, della legge n. 3 del 2012, il confronto tra quanto offerto al creditore ipotecario con la proposta d’accordo e quanto da lui realizzabile in caso di liquidazione deve essere svolto tenendo conto anche del valore dei diritti che, seppure alienati dal debitore, potrebbero ancora essere aggrediti dal creditore ipotecario per soddisfare il suo credito, il quale perderebbe invece tale potere in caso di omologazione dell’accordo”.
Nel caso di specie, il Tribunale aveva rigettato il ricorso per l’omologa di un accordo pur approvato a maggioranza schiacciante (63,09%) contestando al debitore di aver donato la nuda proprietà di un immobile ad uso abitativo alle figlie, compiendo, così, un “atto in frode ai creditori”, peraltro oggetto di azione revocatoria illo tempore ancora in corso.
Come ricordato dalla Cassazione, l’omologazione dell’accordo, che prevedeva la falcidia del creditore ipotecario avrebbe impedito allo stesso, per effetto dell’esdebitazione del proponente che ne sarebbe derivata, di ulteriormente agire, in virtù del diritto di sequela ex art. 602 c.p.c., nei confronti delle figlie del sovraindebitato cui lo stesso aveva – poco prima di dare avvio a quella procedura – donato, mediante atto verosimilmente fraudatorio, la nuda proprietà dell’immobile ipotecato, per recuperare la parte del suo credito eccedente quanto oggetto della proposta di composizione.
È fatto noto che l’esdebitazione comporta per il creditore ipotecario la perdita di una parte del credito e, di conseguenza, anche del potere di soddisfarsi, in riferimento alla parte in eccesso rispetto all’oggetto della proposta di composizione, sul bene di un terzo acquirente, che non è un coobbligato né un debitore del creditore ipotecario.
Rispetto al terzo acquirente, non può essere quindi applicata la conservazione dei diritti verso i coobbligati prevista dall’articolo 11, comma 3, della legge n. 3 del 2012.
In tal senso, l’omologazione dell’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento impedirebbe al creditore ipotecario di agire ulteriormente in sede esecutiva nei confronti delle terze proprietarie.
A voler coniugare sinteticità, completezza e chiarezza, il principio di diritto testè riportato ed esaminato, può trovare cittadinanza all’interno dell’art. 75, comma 2, disciplinato dal Codice della Crisi, il quale regolamenta quanto già previsto dalla “imminente abdicazione” della Legge 3 del 2012.