Versamenti in conto futuro aumento di capitale: qualificazione contabile e giuridica

Cass. Civ., Sez. I, 8 agosto 2023, ordinanza n°24093

Con ordinanza n°24093 del 8 agosto 2023, la Prima Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione ha espresso il seguente principio di diritto: ”Per versamenti in conto futuro aumento di capitale devono intendersi quelle dazioni di danaro dei soci a favore della società che non siano, tuttavia, definitivamente acquisite al patrimonio sociale, avendo uno specifico vincolo di destinazione, con la conseguenza che, ove l’aumento non sia operato, il socio avrà diritto alla restituzione di quanto versato, per essere venuta meno la causa giustificativa dell’attribuzione patrimoniale da lui eseguita in favore della società, quale ripetizione dell’indebito.

Per qualificare la dazione come versamento in conto futuro aumento di capitale, l’interprete deve verificare che la volontà delle parti di subordinare il versamento all’aumento di capitale risulti in modo chiaro ed inequivoco, utilizzando, all’uopo, indici di dettaglio (quali l’indicazione del termine finale entro cui verrà deliberato l’aumento, il comportamento delle parti, eventuali annotazioni contenute nelle scritture contabili o nella nota integrativa al bilancio, clausole statutarie), e, comunque, qualsiasi altra circostanza del caso concreto, capace di svelare la comune intenzione delle parti e gli interessi coinvolti, non essendo, all’uopo, sufficiente la sola denominazione adoperata nelle scritture contabili”.

La Suprema Corte ha altresì ricostruito le diverse forme che può assumere un versamento di denaro da parte di un socio in favore della società dallo stesso partecipata, distinguendo tra “a) i conferimenti; b) i finanziamenti dei soci; c) i versamenti a fondo perduto o in conto capitale; d) i versamenti finalizzati ad un futuro aumento di capitale”.

La Corte ha, dunque, ribadito che i versamenti a fondo perduto o in conto capitale “sono privi della natura del mutuo, in quanto non ne è pattuito il diritto al rimborso; vanno, quindi, iscritti nel passivo dello stato patrimoniale tra le riserve, che l’assemblea può discrezionalmente utilizzare, con le ordinarie modalità, per ripianare le perdite o per aumentare gratuitamente il capitale, imputandole a ciascun socio proporzionalmente alla partecipazione al capitale sociale (senza che occorra obbligatoriamente tener conto del soggetto che abbia operato il versamento, proprio in ragione dell’inesistenza vuoi di un credito alla restituzione delle somme, vuoi di una anticipata dazione a titolo di conferimento). L’apporto del socio produce l’acquisizione definitiva al patrimonio della società delle somme versate, da assimilare al capitale di rischio, cui vanno equiparate agli effetti sostanziali; la riserva così formata, al pari delle riserve ordinarie o facoltative per la quota eccedente la riserva legale, ha dunque di regola carattere disponibile, ma una eventuale distribuzione non costituisce un diritto soggettivo del socio”.

Con riferimento ai versamenti finalizzati ad un futuro aumento di capitale, è stato invece riaffermato che “la dazione del denaro è finalizzata a liberare il debito da sottoscrizione di un futuro aumento del capitale sociale mediante successiva rinuncia, che il socio porrà in essere dopo la deliberazione assembleare di aumento e la sua sottoscrizione. Si è parlato di una riserva “personalizzata” o “targata”, in quanto di esclusiva pertinenza dei soci che abbiano effettuato il versamento in relazione all’entità delle somme da ciascuno erogate (Cass. 24 luglio 2007, n. 16393; Cass. 19 marzo 1996, n. 2314). Ove l’aumento non sia operato, il socio avrà diritto alla restituzione di quanto versato: non a titolo di rimborso di somma data a mutuo, ma per essere venuta successivamente meno la causa giustificativa dell’attribuzione patrimoniale da lui eseguita in favore della società, quale ripetizione dell’indebito”.

Sul punto dunque l’individuazione della natura giuridica del versamento è fondamentale poiché le conseguenze sono intrinsecamente diverse: nel primo caso, il denaro versato andrà a beneficio di tutti i soci senza distinzione tra quelli che hanno partecipato al versamento e coloro che invece nulla hanno versato o hanno versato di meno; nel secondo caso, invece, il versamento è a beneficio del solo conferente e costituisce un debito della società nei confronti del socio, a titolo di ripetizione dell’indebito, nel caso in cui il futuro aumento di capitale non venga deliberato nei termini concordati tra socio e società al momento del versamento.

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